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Fu a quel punto che Gertrude venne a salutarli. Captato il suono dell'imbarcazione in allontanamento, l'AUV l'aveva intercettata a circa un miglio di distanza dall'isola. Zavala scorse il sommergibile per primo. Stava sondando l'oscurità con un faro in cerca di scogli, quando si ritrovò la lunga pinna davanti agli occhi. A tutta prima la scambiò per quella di un'orca, ma quando si fu avvicinata notò i bulloni sulla coda metallica del veicolo e seppe esattamente con che cosa aveva a che fare.
Il mezzo li seguì per qualche centinaio di metri, poi scivolò via per riprendere il giro di routine. Nessuno, a bordo del canotto, si rese conto di quanto vicini fossero andati al disastro.
Di ritorno al centro comando, Max aveva spedito l'AUV all'inseguimento dell'imbarcazione fuggitiva provvedendo ad armare tutti e quattro i siluri. Aveva già attivato il dispositivo di lancio e stava per premere il bottone FIRE quando la sua gola era stata squarciata da un demone dagli occhi fiammeggianti.
Il canotto poté così proseguire beatamente per un'altra mezz'ora, prima che Austin decidesse di inoltrare una richiesta di aiuto alla guardia costiera. Pochi minuti più tardi, il battello Scapa della British Coast Guard raccolse il Mayday di un'imbarcazione che segnalava la propria posizione, accorrendo con tutti i suoi trenta nodi di velocità. Basandosi su esperienze precedenti, il comandante John Bruce aveva dato per scontato che la chiamata provenisse da un pescatore in difficoltà. Mentre dal ponte del suo battello contemplava il canotto gonfiabile inquadrato dalla luce del faro, l'ufficiale si diceva che, nei suoi vent'anni di pattugliamenti intorno alle Orcadi, di cose strane ne aveva viste parecchie, ma quella le superava davvero tutte.
A bordo dell'imbarcazione lunga una decina di metri, quasi tutti i tremanti passeggeri indossavano tute color verde pallido. Non era al corrente dell'esistenza di carceri nei dintorni, ma le circostanze erano a dir poco sospette. Una vita in mare aveva instillato in lui una grande prudenza. Ordinò all'equipaggio di tenere pronte le armi.
Mentre il battello si accostava al canotto, il comandante si portò alle labbra un megafono e ordinò: «Identificatevi, prego».
Un uomo si avvicinò alla fiancata e agitò le braccia per attirare l'attenzione di Bruce. Aveva spalle molto larghe, un volto color bronzo dai lineamenti marcati e i capelli color platino.
«Kurt Austin, della National Underwater and Marine Agency», si presentò, la voce perfettamente udibile al di sopra del rombo dei motori anche senza bisogno di altoparlante. «Questa gente è esausta, probabilmente in preda a ipotermia. Potete aiutarci?»
Nonostante l'evidente buona fede dipinta sul volto di Austin, il comandante reagì con cautela. Aveva sentito parlare della NUMA, la potente organizzazione scientifica americana, e si era imbattuto di quando in quando in qualche suo battello in missione, ma non riusciva a conciliare il gruppetto di disperati ammassati nel minuscolo canotto con le lussuose navi da ricerca dallo scafo turchese che gli erano familiari.
Il comandante Bruce era un corpulento scozzese dal cranio calvo coperto di lentiggini, gli occhi celesti e un mento squadrato che dava l'esatta misura della determinazione del suo proprietario. Lasciò vagare lo sguardo sul canotto, da prua a poppa. Non potevano esserci dubbi sullo sfinimento e la paura dipinti sul volto degli occupanti. Finalmente si decise a far calare in mare una scialuppa per recuperare i passeggeri, ma ordinò all'equipaggio di coperta di tenere le armi pronte e gli occhi ben aperti.
Ci vollero più viaggi per trasferire tutti da un'imbarcazione all'altra. Osservandoli più da vicino, era evidente che i malconci naufraghi non rappresentavano una minaccia. Non appena misero piede sul ponte, il medico di bordo eseguì un rapido controllo delle loro condizioni fisiche. Ricevuta una coperta a testa nella quale avvolgersi, furono spediti in sala mensa dove li attendeva una scodella di minestra calda e un caffè.
Austin arrivò con l'ultimo carico, in compagnia di un'attraente donna dai capelli rossi e altri due uomini, l'uno con la carnagione scura, il secondo così alto da svettare oltre la lancia come un albero.
Dopo aver stretto la mano del comandante, Austin gli presentò gli altri.
«Questi sono Joe Zavala, Paul Trout e Gamay Morgan-Trout. Lavoriamo tutti per la NUMA.»
«Non sapevo che la NUMA avesse operazioni in corso nelle Orcadi», replicò il comandante, stringendo la mano a tutti quanti.
«Tecnicamente parlando, non ne abbiamo.» Austin informò gli altri che li avrebbe raggiunti in mensa di lì a qualche minuto, quindi tornò a girarsi verso il comandante. «I passeggeri se la stavano passando male, e alcuni di loro cominciavano ad accusare sintomi di assideramento. Per di più, ci eravamo persi in mezzo alla nebbia, perciò abbiamo chiesto aiuto. Spiacente di avervi disturbati.»
«Nessun problema, amico. È il nostro lavoro.»
«Grazie comunque. Ho un altro favore da chiederle. Potrebbe inviare un messaggio via radio a Rudi Gunn, presso il quartier generale della NUMA a Washington? Gli dica che Austin e compagnia stanno bene e si faranno vivi al più presto.»
«Me ne occupo immediatamente.»
«A questo punto, gradirei anch'io una scodella di minestra bollente», dichiarò Kurt con un sorriso.
Mentre si allontanava, aggiunse con aria indifferente: «A proposito, ci sono due corpi, a bordo del canotto».
«Morti?»
«Assolutamente defunti. Mi chiedo se i suoi uomini non possano recuperarli, prima di agganciare il gommone al cavo di traino.»
«Sì, naturalmente.»
«Grazie ancora, comandante.» Austin si avvolse una coperta intorno alle spalle alla maniera di un indiano navajo e si diresse verso la cambusa.
Il comandante lo osservò con un'espressione turbata negli occhi: non era avvezzo a vedersi strappare lo scettro del comando. D'un tratto, tuttavia, gli sfuggì un risolino. Dopo anni di navigazione alle prese con gli equipaggi e le situazioni più disparati, era decisamente bravo nel giudicare la gente. Sentiva che nel comportamento disinvolto di Austin l'apparente tracotanza altro non era in realtà che un'estrema sicurezza di sé. Ordinò ai suoi uomini di recuperare i corpi e di portarli nel dispensario di bordo, quindi diede disposizioni perché venisse assicurata una fune di traino al canotto.
Tornato sul ponte, fece trasmettere alla NUMA il messaggio di Austin.
Aveva appena terminato di redigere un rapporto per il comando della guardia costiera, quando il medico lo chiamò all'interfono. Dopo aver ascoltato le parole concitate del dottore, scese in infermeria dove trovò due sacchi per la conservazione dei cadaveri adagiati su un paio di barelle. Il medico gli consegnò della gelatina di petrolio da spalmare sotto le narici.
«Si tenga forte», lo avvertì nell'aprire la cerniera di uno dei sacchi.
Essendogli già capitato di vedere dei morti in mare e sentirne il lezzo a vari livelli di decomposizione, il comandante non si preoccupò tanto del penetrante odore animalesco che saliva dal sacco, quanto dello spettacolo che si ritrovò sotto gli occhi. Il suo viso rubizzo si fece grigio cenere. Era una di quelle volte in cui avrebbe preferito essere un po' meno ligio al dovere.
«Che cos'è quella roba, in nome di Dio?» bisbigliò con voce roca.
«Un incubo», rispose il medico. «Mai visto niente di simile.»
«E l'altro?»
Il dottore aprì la seconda cerniera. Il corpo era quello di un bell'uomo dai capelli grigi fra i cinquanta e i sessanta.
«Li richiuda entrambi», ordinò Bruce. Dopo che l'altro ebbe ubbidito, aggiunse: «Quali sono le cause della morte?»
«Entrambi gli... ehm... gli uomini sono stati uccisi da colpi d'arma da fuoco.»
Ringraziato il dottore, il comandante si diresse verso la sala mensa. Le facce terrorizzate di poco prima erano tutte sorridenti, in quel momento, grazie a generose dosi di cibo e di rum. Seduto a uno dei tavoli, Austin stava chiacchierando con Paul e Gamay.
Pensieroso, Kurt era rimasto ad ascoltarli mentre a turno gli raccontavano i fatti relativi al loro rapimento e alla successiva prigionia. Vedendo arrivare Bruce, lo accolse con un sorriso cordiale. «Salve, comandante. Come vede, la sua ospitalità è stata molto apprezzata.»
«Felice di sentirglielo dire. Mi chiedevo se potremmo scambiare due parole in privato, signor Austin.»
Kurt colse l'espressione turbata del suo sguardo. Aveva un'idea abbastanza precisa di quale poteva essere l'argomento della conversazione. «Ma certo.»
L'uomo lo guidò nel suo ufficio in una saletta accanto alla mensa e lo invitò a sedersi. «Avrei qualche domanda da porle.»
«Spari.»
«A proposito di quei corpi: chi, o cosa, sono?»
«Uno di loro è un chimico scozzese di nome MacLean. Angus MacLean. L'altro non sono sicuro di sapere chi sia, o sia stato. Mi è stato detto che si tratta di un mutante, il risultato di un esperimento scientifico fallito.»
«Che razza di esperimento potrebbe generare un mostro come quel povero diavolo?»
«Non sono a conoscenza dei dettagli.»
Il comandante scosse il capo con aria incredula. «Chi li ha uccisi?»
«Sono stati colpiti mentre tentavano di fuggire dall'isola sulla quale erano stati tenuti prigionieri.» Fornì all'uomo la posizione del luogo.
«L'isola proibita? Ho pattugliato quelle acque per una ventina di anni senza mai metterci piede. Che diavolo ci facevate là, in nome di Dio?»
«Il mio collega Paul Trout, la moglie e il pilota del sommergibile Alvin vi erano trattenuti contro la loro volontà. Abbiamo organizzato una spedizione di soccorso, ma siamo incappati in qualche problemuccio.»
«Chi li teneva prigionieri?»
«Non lo so. Chiariremo tutto una volta tornati sulla terraferma.»
Un giovane membro dell'equipaggio si presentò con un paio di fogli ripiegati che consegnò al comandante. «Questi sono appena arrivati, signore.»
«Grazie.» Bruce si scusò con l'ospite e lanciò un'occhiata ai messaggi, quindi ne passò uno a Kurt. Era da parte di Rudi Gunn: «Felice di sentire che state bene. I particolari appena possibile? Rudi».
Mentre leggeva l'altra nota, il comandante aggrottò le sopracciglia.
«Sembra che lei goda di appoggi importanti, signor Austin. Il comando generale della guardia costiera è stato contattato dall'ammiragliato. Dobbiamo trattarvi con la massima cortesia e darvi qualsiasi cosa chiediate.»
«Trasportano ancora grog, i battelli britannici?»
«Grog non ne abbiamo, ma nella mia cabina c'è una bottiglia di ottimo whisky scozzese.»
«Andrà benissimo.»